Strage di Capaci. Paradossi, omissioni e altre dimenticanze

Riferimento: 9788888082394

Editore: Diple Edizioni
Autore: Corbo Angelo
Pagine: 160 p., Libro
EAN: 9788888082394
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Angelo Corbo, racconta la sua vicenda umana e professionale, di agente di scorta di Giovanni Falcone e sopravvissuto alla strage di Capaci. Lo fa a distanza di tempo per riprendere quel filo della memoria che sbiadiva fino a perdersi e porre dinanzi a noi squarci improvvisi su alcuni aspetti ancora oscuri della strage di Capaci e della protezione di Giovanni Falcone. Angelo è riuscito ad emergere dal suo nascondiglio, dallo spazio protetto del suo lavoro e dei legami forti della sua famiglia che lo hanno sostenuto in tutti questi anni. Vi si era rifugiato pagando il caro prezzo degli incubi e delle paure e confidando nella smemoratezza degli uomini, anche e soprattutto di quelli delle Istituzioni che, prima, si erano scordati del suo trasferimento a Firenze e, poi, della sua stessa esistenza. Leggere la sua testimonianza aiuta a decifrare il lavoro faticoso degli agenti di scorta, la necessità di una preparazione professionale sempre al passo con i tempi, proprio per garantire al meglio l'incolumità di chi è sottoposto quotidianamente al rischio per il semplice motivo di compiere il proprio dovere, e offre un contributo prezioso a fare chiarezza sulle modalità con cui le grandi scelte si riverberano sulle vicende quotidiane di chi opera in contesti mafiosi. Scorrendo il testo, è molto forte l'impressione che l'esperienza di ogni giorno potrebbe essere molto utile per comprendere e contrastare meglio le organizzazioni criminali, mentre chi decide sembra muoversi secondo altre logiche, legate molto spesso, negli ultimi tempi, alle cosiddette economie, termine con cui si mascherano semplicemente dei tagli alle risorse per opporsi alla mafia. Le sue parole restituiscono alcuni tratti della vicenda con una luce nuova. Ne indichiamo solo due perché sono quelli più ricorrenti nel racconto: se vi era la convinzione che il pericolo per Giovanni Falcone fosse attenuato tanto da rinunciare alla scorta specifica per lui, dopo l'attentato di Capaci possiamo legittimamente chiederci su quali elementi era fondata tale convinzione, chi ne erano gli autori e come giudicarli? Ancora: mentre si sottolinea quanto sia importante, oltre la preparazione e la professionalità degli uomini della scorta, il loro affiatamento, come si giustifica la composizione di quella del 23 maggio? A questi interrogativi che ci suggerisce il racconto di Angelo e che mantengono intatta la loro forza e urgenza, perché non hanno avuto risposta plausibile a distanza di anni, si aggiunge, ad inquietarci, il ricordo del primo soccorritore. Dopo essere arrivato sul luogo dell'attentato e aver scattato alcune foto gli è stato sottratto il rullino da due agenti di Polizia. Dei due sorprende innanzitutto la celerità con cui sono giunti sul teatro dell'attentato, molto prima dell'intervento di Polizia e Carabinieri, e sorprende che la loro preoccupazione di entrare in possesso di un documento utile alle indagini non abbia avuto seguito con la consegna agli investigatori. I modi bruschi per appropriarsene e la scomparsa del rullino accrescono ombre e ipotesi che gravano anche questo passaggio cruciale della nostra storia. I mafiosi autori della strage e i complici fuggono dopo il terribile boato, come ci ricordano i pentiti, e quindi occorre cercare in altre direzioni per dare un volto ai due e tornano in mente le parole del pentito Gioacchino La Barbera, che vi erano uomini estranei alla mafia nei preparativi all'attentato. Qualcuno che era sul luogo e cercava qualcosa fra le rovine dell'esplosione e non gradiva essere ripreso!